Recentemente mi è stato domandato se penso mentre danzo. Io quasi offeso ho risposto repentinamente di SI, e anche se spesso dico ai miei allievi durante i laboratori di composizione istantanea di non pensare, di non decidere a priori il gesto che andranno a compiere, li invito a  lasciarsi cogliere ed accogliere dalla nascita di un gesto o di un contatto inaspettato, frutto dell’azione del momento di una vibrazione di un pensiero del corpo.

Quindi dove va a finire il pensiero? Cosa si intende  pensare con il corpo? Certamente non voglio portarli a sviluppare un movimento privo di natura intellettuale, ma al contrario, sviluppare un movimento fortemente integrato all’azione che sta avvenendo, privo di sovrastrutture.

Se camminiamo per strada e improvvisamente inciampiamo, le nostre braccia automaticamente si protenderanno in avanti pronte ad attutire la caduta proteggendoci, cosi anche per azioni più complesse il corpo ha una grande capacità istintiva di azione e reazione, spesso però il corpo istruito (con la danza ho con altre discipline che implicano un importante uso motorio), perde le sue capacità istintive di azione.

La mia danza si sviluppa in un forte rapporto dialogico tra ciò che possiamo chiamare pensiero del gesto (l’azione che si sviluppa per un istruzione data o una formazione ricevuta) e quello che forse si può chiamare azione del gesto (legata maggiormente ad un istintività del corpo), questi due elementi  fusi e bilanciati vengono messi a servizio del concept coreografico che intendo sviluppare.

Ritengo che oggi la danza, sia dal punto di vista formativo che performativo, può e deve  ragionare molto sul rapporto che la società moderna ha con il proprio corpo e trovare una strategia per lavorare in termini sociali alla riscoperta di quei valori essenziali di sguardo e condivisione e relazione fisica-mentale con il proprio corpo e quello dell’altro.

E qui si apre un altra questione, la necessità da parte del pubblico di trovare o giustificare ciò che avviene in scena con una continua ed estenuante ricerca sul SIGNIFICATO DELLE COSE.

Una ricerca spasmodica che ci priva della possibilità di farci accogliere da ciò che stiamo vedendo, che possiamo amare o odiare, ma in ogni caso che  ci faccia spostare dal luogo fisico e mentale della poltrona di spettatore che stiamo occupando.

Davide Valrosso

Leave a Reply