Dominique Dupui scrive: “si è danzatori perché si ha problemi con la parola”. Niente di più vero. Ed ora sono qui, ad affrontare questa difficoltà, tradurre, scardinare, affrontare in parole tutto ciò che non deve essere descritto ma vissuto. Sono qui a descrivere l’indescrivibile, raccolgo appunti qua e là, tra un viaggio e l’altro, cerco un stesura una trama che unisca tutti questi pensieri che scivolano via, sfuggono, si perdono, riappaiono quasi per gioco nella mia mente, appunti ritrovati su brandelli di carta, altri scomparsi per sempre. Ho una scadenza, devo scrivere, inizio ora in questo momento.

Respiro e mi calmo, rifletto, uso strategie di cui ho fatto esperienza, rifletto ancora, respiro, forse non è cosi diverso dall’esperienza sul e con il corpo,respiro ancora, mi sciolgo, divento più naturale , più si è vuoto e più se è aperto, mi dico. Cosi se il gesto, può nasce più naturalmente sorgendo dal nulla, come se fosse sempre stato presente, cosi forse potrà fare la parola. Se il gesto non si inventa ma si accoglie, io qui accolgo le mie parole e le condivido, con l’umiltà di chi non pretende di sapere ma ha tutta la voglia di scoprire.

 

MENTE E CORPO: NON DUALITÀ MA UN CONFINE CAPRICCIOSO CHE DANZA

Non c’è vita senza movimento. L’arresto del movimento significa per la maggior parte degli esseri viventi, la morte. Dapprima un movimento interno origini della vita in seguito, nell’evoluzione a questo impulso biologico si aggiunge e si associa il movimento diretto verso l’esterno, orientato da finalità fisiologiche e da esigenze di relazione con altri individui.

Questi due movimenti inizialmente legati, solo in seguito si distinguono in movimenti di funzione vegetativa e di funzione Relazionale, nella misura in cui questi due sistemi si considerano strettamente relazionati al reciproco funzionamento. A questi due moti con l’evoluzione si aggiunge un ulteriore movimento, quello psicologico, azione della parte più profonda dell’essere, che si propaga nello spazio esterno entrando in contatto con altri movimenti .

Qui nascono i conflitti che modelleranno il desiderio d’azione, la storia di questi desideri e di questi conflitti si incontrano ogni giorno, espressi attraverso l’azione del corpo: storia personale di ciascuno iscritta nella muscolatura, ma forse anche storia dell’umanità (Teoria dell’inconscio collettivo/Carl Gustav Jung).

Il movimento è rivelatore, la sua forma e il suo ritmo mostrano la disposizione di una persona che si muove in una situazione specifica, evidenzia uno stato d’animo momentaneo o una reazione fugace , cosi come alcuni tratti costanti.

Rudolf Laban afferma che si può trovare nella danza un “intensificazione della vita”, una forma di vivere la propria presenza nel mondo con consapevolezza di sé e dei processi vitali che regolano l’esistenza.

Anche Freud ha dimostrato che nell’uomo, lo spirito psicologico prende origine dal biologico, come il bisogno fisiologico crea il desidero psichico.

Si può affermare quindi che c’è un piacere del movimento in se stesso e per se stesso, al di fuori di ogni finalità chiara e definibile, e dire che ogni gesto vissuto, ha un contenuto a livello primitivo del piacere. Ogni modulazione emozionale del gesto, poiché è in rapporto con le strutture più arcaiche del cervello, risveglia le sensazioni più primitive e più profonde in rapporto alla pulsione vitale del movimento biologico.

Come risvegliare, preservare questo desiderio di movimento permettendogli di essere connesso ad una forma di impulso primario? Come sviluppare un approccio poetico a questo linguaggio del corpo? E’ con questo spirito che la danza deve approcciarsi sia alla creazione, ma ancor di più all’aspetto formativo e di trasmissione.

Il corpo in movimento nella sua agitazione emozionale è creatore, non basta mobilizzare la muscolatura volontaria per eseguire un atto pensato, ma si deve mobilizzare anche e soprattutto, il sistema neuro-emozionale, con elementi suggestivi che ci permettano di fuoriuscire da un sistema catalogato di azioni.

Ciò è possibile grazie ad una pratica costante di sviluppo delle proprie capacità corporee, in una forma di maestria con le proprie possibilità fisiche. Ma è possibile anche grazie ad un approccio che ci mette in continuo contatto con una parte profonda è spontanea di noi stessi, inglobata in un connubio tra corpo e mente. Questi principi e meccanismi individuati ed esplorati, come processi per la loro adeguata attivazione, rivendicano un carattere di universalità e risultano applicabili ad ogni manifestazione ludica o simbolica della dinamica umana.

L’atto di prendere, per esempio, è una manifestazione di un essere che si afferma come soggetto, è la scoperta quindi del potere sugli oggetti, sul mondo, e sull’altro, forza che si esercita tramite la mediazione sul proprio corpo, ed è con questa consapevolezza che si sviluppano i gesti, non necessariamente in senso espressionistico, ma con la consapevolezza che ogni gesto di per sè ha una natura simbolica.

Nell’uomo esiste e si rivela una stretta corrispondenza tra azioni motorie e impulsi interiori che le determinano, impulsi derivanti da bisogni non soltanto o quasi esclusivamente materiali come negli animali, ma anche di natura etica e spirituale.

Dominare il movimento significa essere padrone della propria energia vitale, fisica e mentale. Con il dominio del movimento è possibile armonizzare gli impulsi interiori incongrui , che attraverso le loro manifestazioni esteriori, possono essere equilibrate e calibrate per una miglioramento della vita individuale e di relazione. ( Teorie sulla Bionergetica di Alexander Lowen)

Il corpo danzante fuoriuscire dal ruolo di giullare intrattenitore, giullare che stupisce con le sue capacità acrobatiche e folcloristiche, ma diventa strumento di un linguaggio universale contenitore di senso.

Il danzatore può e deve interiorizzare il suo sguardo, entrare in rapporto con la propria storiografia, deve farsi tramite, medium , per ritrovare una libertà che non è opposizione, ma indipendenza e disponibilità. Deve vivere ed affronta tutti quei soggetti universali di rapporto con l’ambiente e con gl’altri, con il compito di opporsi all’attuale processo d’impigrimento della società, che porta sempre più l’uomo ad allontanarsi dalle sue capacità empatiche e relazionali a favore di un appiattimento culturale è un livellamento delle capacità personali.

La danza, con la sua esperienza fisica e con la capacità di donare, è un importante ponte linguistico che mette in relazione elementi interni ed esterni in un rapporto di reciproco dialogo.

Così come una lingua semplice e prevedibile è indice di una semplicità di pensiero, la danza dovrebbe uscire da una costante minimalista, ormai solo moda, e ritrovare una complessità di linguaggio, una forma non autoreferenziale, ma in un bilanciamento costante tra complessità che forse io chiamerei ricchezza e semplicità e che io chiamerei comunicabilità.

 

GIOCANDO CON LA DANZA

ICARO ( 2016) lavoro creato con due giovanissimi interpreti(Giulio Marri e Romeo Salvetti) tra i 10 e 12 , prodotto nel progetto stanze segrete, teatro Cango,

Omaggio trasversale alla figura mitologica, intesa non in senso drammaturgico-mitologico, ma come un’evocazione sottile di un soggetto appartenete a un tempo indefinito che contiene in sé un discorso globale: il superamento della fase infantile per proiettarsi verso l’adolescenza, il tentativo di superare i propri limiti, con continui tentativi di volo per addentrarsi in qualcosa di sconosciuto.

Tre quadri coreografici, il primo il gioco infantile dei due interpreti con una palla da calcio in mano in un gioco si scambi fino alla mutazione in cui quest’oggetto diventa una parte del loro corpo. Loro cammino in maniera disorganica uniti da un elemento esterno, connessi come due gemelli siamesi. Secondo quadro: due sedie uno di fronte all’altro un gioco di imitazione e risonanze, il tocco e meno infantile, si fa più maturo e riflessivo; si comincia ad esplorare le proprie possibilità di volo, appaiono piccoli equilibri, momenti di sospensione e di puro silenzio. La terza stanza, un quadrato d’erba. Qui il contatto è chiaro si afferma; sostegni appoggi, uno sull’altro, figurati quasi acrobatiche di corpi maturi che affermano la loro identità. I precedente tentativi di volo sono superati, uno spazio sovrannaturale fatto dell’altro e con l’altro, ed ora forse solo ora è il momento di spiccare il primo volo

In Cosmopolitan Beauty (2016) – Produzione Cango – Centro di produzione sui linguaggi del corpo e della danza

È la memoria a fare da padrone. In uno spazio malinconico dalla luce lunare, in cui si immagina una performance dove i gesti appaiono come appunti di viaggio scritti disorganicamente. Dove la bellezza appare come il frutto di una conquista, di uno spostamento di un viaggio dell’uomo verso un luogo indefinito, il regno delle cose perdute che hanno lasciato una loro traccia nell’esperienza del corpo, un luogo contraddittorio dove si fa esperienza della fragilità delle cose, ma anche della loro forza. È un isola che si richiude in se stessa, ma alla fine trova un modi di aprirsi al mondo.

Un omaggio alla memoria. Il corpo emerge prende vita sotto una fila di conigli bianchi, la luce e fioca alternata da flash, i conigli appaiono come vertebre di una figura preistorica ancestrale, fino ad un lento frammentarsi del corpo, un percorso di requisizione delle proprie capacità motorie. Ed ecco il primo sguardo esterno, che disegna la traiettoria del successivo svolgersi dell’ azione coreografica, dell’esperienza di questo luogo che nasce e muori costantemente, in un’ isola dai confini definiti.

Uno sguardo vitreo, un corpo articolato di gesti che sfuggono e riappaiono, buoi e luce a segnare lo scorrere del tempo, camminate in cerchio, ancora al buio. Appare una traversata in fondo alla parete come tracce di memorie di abrasione ed incisioni epidermiche ancora più lontane; una camminata archeologica. Cosa sono quei conigli se non un mezzo di transizione un confine, e poi ancora buoi e luce, il corpo diventa sempre più vitale, confluiscono memore e appunti di viaggio, trasportati da una grande corrente, s’allontano, si perdono e non ritornato se non per partire di nuovo.

Lo sguardo cambia cerca un contatto verso l’esterno, il respiro si regolarizza diventa meno affannoso, ed ancora lo spazio cambia. Questa volta i conigli appaiono come una linea lontana, un’orizzonte, con una camminata lenta dove il corpo si immerge fino a scomparire.

WE_Pop (progetto realizzato in collaborazione con Maurizio Giunti), Produzione Festiva Oriente Occidente.

Dopo un lunghissimo lavoro, l’aspetto drammaturgico è stato lentamente completamente sostituito da quello grammaticale coreografico che pur assorbendo moltissimo dal processo drammaturgico è diventato l’elemento portante e il concert centrale del lavoro.

Uno studio sulla grammatica del corpo. Sostegni, equilibri, simbiosi di corpi un’energia condivisa in dissonanza, l’esplodere di due entità che invado la scena nella loro nuda essenza, profondamente umana. Sincronia, mutazioni in un discorso fisico e spaziale che dilata il movimento sfumando in una indefinitezza cinetica di un gesto che pare non arrestarsi.

Questi lavori vanno considerati non come l’interpretazione di un dato mondo, che si afferma in maniera arbitraria, ma come la proiezione di realtà possibili. La danza infatti è una delle rare attività umane che vede l’uomo completamente impegnato fisicamente mentalmente e “spiritualemente”. Essa nasce, al di là della comprensione, da un bisogno di comunicazione , dal bisogno di dire l’indicibile, di conoscere l’ignoto di entrare in rapporto con qualcosa di esterno a noi, la danza nella sua ritualità trova l’origine dell’attività umana, che lo aiuta ad affrontare la solitudine e la sofferenza dovuta ad un scissione tra elementi interni ed elementi esterni.

Lo schiavo è liberato, allora si spezzano tutte le barriere rigide e ostili che la miseria, l’arbitrio, la moda insolente hanno eretto fra gli uomini. Ora, attraverso il vangelo dell’armonia universale, ognuno si sente non solo riunito, riconciliato, fuso con il prossimo, ma anche identico a se stesso, come se il velo di Maya si fosse stracciato e come se ormai solo i lembi ne svolazzassero davanti al misterioso Uno-primordiale.

Nietzsche

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